IL PRANZO DI BABETTE



“Allora Martina disse: ’E adesso sarete povera per tutta la vita, Babette?’. ‘Povera?’ disse Babette. Sorrise come a se stessa. ‘No. Non sarò mai povera. Ho detto che sono una grande artista. Un grande artista, mesdames, non è mai povero. Abbiamo qualcosa, mesdames, di cui gli altri non sanno nulla’." (K.Blixen, Capricci del destino, Il pranzo di Babette, Feltrinelli 2003).
In un villaggio che pareva un paese in miniatura con case gialle, rosa e di altri colori, appoggiato su di un fiordo norvegese, alla fine dell’Ottocento è ambientata la vicenda narrata da Karen Blixen e ripresa dal regista Gabriel Axel ne Il pranzo di Babette (1987). In quel freddo paese un pastore protestante vedovo ha fondato una comunità impostata sui dettami di una spiritualità cupa e rigorosa. Le sue due figlie ricche di fascino e di doti, sono però trattenute dallo sposarsi per l’atteggiamento puritano e l’egoismo del padre. Erano state chiamate Martina e Filippa in onore di Martin Lutero e del suo amico Filippo Melantone. Con il tempo rimangono zitelle, rifiutando ogni offerta di matrimonio benchè in particolare due loro pretendenti abbiano avuto per loro sinceri sentimenti d’amore: un giovane ufficiale e un celebre tenore francese.

Dopo la morte del padre continuano loro a condurre la vita della piccola comunità. Improvvisa e inattesa si presenta una donna francese, Babette Hersant, proveniente da Parigi, fuggita come rivoluzionaria nei giorni della Comune, con una lettera di raccomandazione del tenore, l’antico corteggiatore, che chiede loro di tenerla come governante. Le sorelle, al principio restìe, accettano solamente quando comprendono che il servizio loro offerto da Babette è a titolo gratuito. Così la straniera per molto tempo lavora partecipando alle attività di beneficenza della congregazione che si assottiglia pogressivamente. Dopo circa quindici anni dalla Francia giunge una lettera che comunica a Babette una notevole vincita di denaro alla lotteria. Babette chiede così, in quell’occasione, alle ormai anziane sorelle di poter preparare e offrire un pranzo alla comunità. Nell’atmosfera cupa fatta di ottusità e piccoli litigi, Babette, senza far nulla trapelare, spende tutto il denaro della vincita facendo giungere da Parigi cibi prelibati, vini, salse raffinate, spezie sconosciute ed insieme piatti di ceramica, tovaglie di stoffe pregiate e stoviglie per l’occasione. Prepara così un banchetto che diviene un tripudio di cibi, colori, sapori, profumi. Questo evento produce un cambiamento radicale nel gruppo, e casualmente al pranzo si ritroverà anche il giovane ufficiale divenuto ormai vecchio generale.
Alla logica gretta e religiosamente meschina rappresentata nel film dal pastore, che conduce la sua vita trattenendo per sé la vita delle figlie, impedendo loro di vivere l’amore, ma anche al clima di litigi, piccole invidie e rigorismo puritano della comunità, è contrapposto l’arrivo timido ma dirompente, quasi una forza della natura, di Babette. Il pranzo che ella prepara – manifestando la libertà dell’artista - è il trionfo della dimensione dei sensi, e l’espressione della capacità trasformante del cibo e della convivialità per l’uomo. Il tutto nel clima della sparuta congregazione dominato dalla paura dell’inferno. Le scene che descrivono la preparazione del pranzo introducono in una suggestione particolare e fannno cogliere il genio, la creatività e l’autentica gioia che viene a soffiare attraverso questa preparazione. Il pranzo e i dialoghi attorno alla tavola costituiscono il momento centrale del film. Lì si compie il sacrificio di tutto quello che Babette aveva – spende tutto il denaro che possedava per questo momento – ma anche miracolosamente in quel momento il gelo che attanagliava la comunità si scioglie e s’apre ad una comunicazione sincera, senza ipocrisie, fino ad un impensabile girotondo. Nel mangiare insieme quel cibo, arrivato come dono, si attua una metamorfosi ed una liberazione: tutta la storia passata è vista con sguardo sereno e pacificato. Soprattutto emerge un sentimento di amore che si fa, al pari dei cibi, nutrimento di parole, gesti, sguardi. Babette, la sconosciuta, che ha speso tutto, dopo una vita di servizio, diviene colei che fa irrompere nella grigia atmosfera di un mondo pervaso da una religiosità oppressiva, un’illuminazione che cambia la vita e fa di un pranzo un atto d’amore e di comunicazione. “Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro dicendo: prendete questo è il mio corpo” (Mc 14,22).

Alessandro Cortesi op




Commenti

  1. film molto interessante realizzato stupendamente e magistralmente interpretata dalla protanista.L' ho visto e rivisto ogni qual volta mi capita l'occasione .Non c'è,forse ,quello spirito religioso che l'autore dell'articolo sottolinea con la riportata frase del vangelo,ma rappresenta una scelta di principio di Babette,che si trasforma in un atto d'amore.E si sa che l'amore è contagioso.

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